firma autografa di Elsa Morante con disegno autografo raffigurante la scrittrice circondata da gatti

Il romanzo

L'isola di Arturo fu pubblicato da Einaudi nel 1957 e nell'agosto dello stesso anno vinse il Premio Strega. È il secondo e più noto romanzo di Elsa Morante, tradotto in tutto il mondo e ancora oggi molto letto. Narra la storia di un adolescente, Arturo, vissuta nella dimensione incantata di un'isola che è la sintesi ideale di Procida, Capri e Ischia.

L'isola di Arturo fu scritto tra il 1952 e il 1957.

Già nel 1952 infatti da un trafiletto dell'"Unità" del 24 marzo si apprende che Elsa Morante ha iniziato a scrivere il suo secondo romanzo e che si tratta della storia di un prigioniero della guerra in Africa. Ancora in un'intervista rilasciata a Sergio Saviane nel 1955 Elsa Morante dichiara "Arturo è un ragazzo molto intelligente e felice, che a diciotto anni, dopo essere stato prigioniero degli inglesi in Etiopia, scrive raccontando la sua infanzia".

In realtà nel romanzo dato alle stampe non si fa mai cenno alla condizione di prigioniero dell'io-narrante Arturo.

Dall'esame del manoscritto risulta che l'episodio, con cui avrebbe dovuto iniziare il romanzo, fu riscritto più volte e alla fine scartato.

La prigionia di Arturo perciò non viene più raccontata al lettore: ma l'omissione iniziale ugualmente corre sotto tutto il romanzo, e ci si rende conto, ora, che è proprio questo non detto ciò che sta dietro al sentimento che avvolge tutta la narrazione come un velo leggerissimo e trasparente: dentro c'è la lontananza siderale di chi racconta un mondo perduto e perfetto, dove il detto e il non detto, i vuoti e i pieni si compenetrano in un ritmo dalla indicibile leggerezza mozartiana.

Il manoscritto

Il corpus del manoscritto è composto da 16 quaderni di grande formato (mm.350x250) e album del tipo da disegno, scritti tutti nel senso longitudinale del foglio e solo sul recto e con molte pagine tagliate; di 3 cartelle di allegati in carte sciolte, una delle quali contenente le pagine tagliate provenienti dai quaderni e corrispondenti alle stesure rifiutate: l'Autrice infatti piuttosto che correggere preferisce instancabilmente riscrivere di sana pianta. Quello che rimane sul quaderno, perciò, spesso risponde ad una versione quasi definitiva e quindi dovrebbe intendersi come una redazione successiva e non precedente rispetto alle altre.

L'explicit, alla fine del sedicesimo quaderno corrisponde in buona parte alla conclusione data alle stampe.

I quaderni portano un'unica data che è quella del 1955 presente soltanto nel piatto anteriore di copertina degli ultimi quattro album, di foggia diversa rispetto agli altri dodici.

Il susseguirsi delle date corrisponde a una media di circa 40 giorni per la stesura di ciascuno. L'album tredici reca la data del 14 aprile 1955, il quattordicesimo quella del 2 giugno 1955, il quindicesimo quella del 24 luglio. L'ultimo album, infine, presenta una doppia data, nel verso anteriore di copertina "15 settembre 1955", in calce alla carta paginata dall'autrice 585 (ultima del manoscritto), dopo la parola "FINE, non aliter, Roma, 5 ottobre 1955". Questa volta sono occorsi 20 giorni per scrivere la parte conclusiva, ma si riscontra anche una pausa nella scrittura tra il penultimo e l'ultimo quaderno di quasi due mesi.

Un gruppo di carte in cartella ci riferisce del lavoro di revisione e caratterizzazione dei personaggi. Si tratta di foglietti provenienti da due agendine, una del 1952 e l'altra del 1955. Ma risulta evidente che non esiste una particolare attinenza con le date impresse sui fogli e il momento in cui sono stati scritti.

L'esame di questi appunti dimostra come il romanzo sia stato costruito secondo un procedimento di tipo quasi cinematografico, dove la sequenza finale degli eventi non corrisponde necessariamente a quella secondo cui sono stati scritti, e trova il suo ordine definitivo soltanto nell'ultima stesura, dattiloscritta.

La scoperta di due racconti conservati in cartella consentono infine di retrodatare al 1950 la nascita del romanzo. Si tratta di due nuclei narrativi, scritti su pagine di quaderno poi strappate, il primo di sette carte, il secondo di undici, entrambi incompiuti. Furono composti a distanza di poco più di un mese l'uno dall'altro: il primo si intitola La matrigna, Il secondo, L'isola di Arturo. In quest'ultimo Arturo, già adulto, ricorda la fotografia della sua mamma bambina, morta nel darlo alla luce. Il racconto presenta molti tratti pressoché coincidenti con l'episodio posto nelle prime pagine del romanzo.

Le edizioni

La prima edizione viene pubblicata da Einaudi nella collana «Supercoralli» nel 1957. La Morante sceglie di mettere in copertina il dipinto di Guttuso, Ragazzo addormentato sulla barca Sull'edizione economica degli «Oscar» Mondadori, pubblicata nel 1969, decide di riprodurre Fichidindia di Guttuso, che rimanda al paesaggio e a una delle piante più tipiche della vegetazione delle isole del Golfo di Napoli Nell'edizione del 1975, nella collana «Gli struzzi» di Einaudi, compare un'altra immagine evocativa del paesaggio di Procida, con un particolare di un acquarello di Ben Shan. Prima di fare questa scelta, la Morante prende in esame altre ipotesi, di cui si conservano le prove di stampa: Testa di contadino catalano di Mirò; un particolare tratto da Seminatore al tramonto di Van Gogh; un quadro di Bill Morrow raffigurante una scogliera sul mare.

Le stanze di Elsa - L'isola di Arturo